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ROVIGO
20.05.2022 - 00:22
ROVIGO - “Vedo cose paradossali: mi fossero successe vent’anni fa mi avrebbero fatto sorridere. Ma come ti viene in mente di venire a chiedere di lavorare in un bar precisando che vuoi la domenica libera o che vuoi lavorare soltanto a pranzo perché a cena vuoi stare in famiglia? Onestamente, come imprenditore ho bisogno di qualcuno che risolva i miei problemi di lavoro, non posso essere io a risolvere i loro problemi esistenziali…”.
Stefano Prearo, titolare del bar Franchin di piazza Vittorio, praticamente non stacca mai il cartello “Cercasi personale” dalla vetrina del suo locale.
“Joe”: come mai?
“Incapacità professionale, poca serietà, inadeguatezza. Devo andare avanti? Insomma: c’è bisogno di costante ricambio, anche perché spesso devi assumere cinque persone per trovarne uno che si salvi. Intanto, però, provi a insegnare il mestiere a tutti. E’ sfiancante, e anche oneroso dal punto di vista economico”.
Sta dicendo che i giovani non sanno più fare i camerieri?
“Dico che non c’è un minimo di elasticità da parte delle persone, di qualunque età, che devono capire che devono essere in grado di dare qualcosa all’azienda. Non c’è capacità, non c’è valore. E per questo non ci sono più locali che hanno un organico fisso. E’ come il calcio: a giugno e a gennaio c’è il mercato dei camerieri. Ma rimpiazzare certe professionalità è davvero difficile”.
Per esempio?
“I ‘capicantiere’ sono fissi, è la squadra che gira. Recentemente ho perso, per una sua scelta personale, una di queste figure. Come posso sostituirla? Vengono ragazze a fare il colloquio e mi dicono: posso lavorare solo fino all’una perché poi devo andare a prendere i bambini a scuola. Una volta cose di questo tipo non si sarebbero mai sentite. Ora non posso che fare buon viso a cattivo gioco e adattarmi”.
E come si risolve?
“Io sono arrivato a ridurre drasticamente il numero di tavoli del plateatico rispetto all’anno scorso, proprio per la difficoltà di trovare manodopera. Lascio agli altri fare i grandi numeri: io preferisco dare un servizio veloce e di qualità. Certo, ci rimetto dal punto di vista del fatturato, ma che altro posso fare?”.
Quand’è che le cose sono cambiate?
“Dopo il Covid. E’ un malcostume popolare che dopo la pandemia si è ulteriormente allargato, e andrebbe affrontato a livello molto più alto di quello che posso fare io. Se alle persone, non solo ai ragazzi, diamo 700 euro di reddito di cittadinanza per stare a casa non possono essere incentivati a lavorare per 1.200 euro: per invogliarli dovremmo offrirgli lo stipendio più i 700 euro che prenderebbero stando a casa. Capite che è impensabile, perché a quel punto dovremmo raddoppiare i prezzi”.
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